Bisogni speciali è un espressione diffusa, al profumo di politically correct, per indicare persone con disabilità (a volte anche molto diverse tra loro). Usata tantissimo anche in Italia, per esempio a scuola, dove alunnǝ con disabilità fisiche e/o mentali - oppure addirittura senza alcuna disabilità ma stranierə - vengono chiamatǝ BES: Bisogni Educativi Speciali.
Come traduzione dell'inglese Special Educational Needs, originalmente l'espressione designava l'area di intervento scolastico ma, da quel che mi raccontano le amiche insegnanti alla scuola pubblica, questa sigla è diventata un sostantivo personalizzante, cosicché durante i consigli di classe è perfettamente normale dire "Tu hai un BES alla terza ora" oppure "Cosa facciamo con i BES di quinta per la festa di fine anno?"
Anche le persone con sindrome di Down sono spesso incluse tra quelle con bisogni speciali, sia dentro che fuori dalla scuola.
Ma guarda un po', loro non sono per niente d'accordo con questa definizione: guardati (o ascolta) questa divertente campagna per cambiare il tuo punto di vista.
Insight in vista
[Descrizione dell'immagine: definizione dal dizionario del termine Bisógno: s.m. 1. Con valore generico, indica mancanza di qualche cosa 2. Più comunemente indica: la necessità di procurarsi ciò che manca per raggiungere un fine determinato, oppure ciò che è ritenuto utile per il conseguimento di uno stato di benessere materiale o morale]
Se questa è la definizione di bisogno - Treccani giura che lo sia - le persone con sindrome di Down non hanno bisogno speciali, ovvero diversi - per non dire esagerati - rispetto ai bisogni di ogni persona.
Lo spot scherza quindi con l'uso fuori luogo di questa espressione, mettendone in mostra la fallacia. Ma la cosa più interessante, secondo me, è che strizza l'occhio a quelli che invece sono i bisogni speciali di coloro che conducono vite di lusso con piaceri... di lusso. Ad esempio mangiare cibi stravaganti e rarissimi da trovare, oppure l'ultima moda dei massaggi rilassanti.
È come se ci stesse dicendo: «Non trovi che sia speciale quello che richiedono loro, eppure pensi che siano speciali i miei bisogni primari?»
Messaggio
Lontano dall'essere un semplice invito a modificare il linguaggio, il messaggio della campagna Not Special Needs è un appello a riconsiderare il nostro approccio verso le persone con sindrome di Down che, come abbiamo visto, non chiedono cose impossibili ma semplicemente istruzione, lavoro, opportunità e amore.
Forse l'assistenza nella soddisfazione di quel bisogno è diversa dal solito, ma non il bisogno in sé. Il problema allora dovrebbe essere della comunità intorno, non della persona: sono le persone intorno che sentono di dover fornire un supporto diverso dallo standard, quindi speciale.
Ma quando diciamo che "loro hanno bisogno speciali" significa che percepiamo di fare uno sforzo che non vogliamo e ne attribuiamo la responsabilità alla loro esistenza.
In prima persona
Una cosa da tempo assodata nel mondo dell'attivismo è l'importanza di far raccontare la propria storia alle persone che la vivono, non ad altre. Un concetto semplice e giusto, che però non è ancora dato per scontato in molti settori - primi tra tutti il cinema o i dibattiti televisivi italiani. La pubblicità non è da meno, soprattutto quella sociale (guardate l'archivio di Pubblicità Progresso per farvi un'idea).
In Not Special Needs lo stesso identico concetto sarebbe stato facile da sviluppare dando la parola ai genitori.
«Mio figlio non ha bisogno di (...) ma solo di (...)»
Ma non sarebbe stato corretto e avrebbe avuto meno impatto, perché è proprio la narrazione della protagonista a validare l'esperienza: se lo dicono loro che non hanno bisogno speciali, sarà proprio vero!
Dietro le quinte
All'occhio più attento e goloso di serie tv non sarà sfuggito che nello spot compaiono due personaggi famosi: la voce narrante è di Lauren Potter, attrice che interpretava Becky Jackson nella serie di successo Glee, mentre il personaggio famoso che interpreta sé stesso è la star newyorkese John McGinley (Scrubs e tante altre citate nel video).
Suppongo che la presenza di personaggi famosi abbia aiutato molto la diffusione della campagna, realizzata nel 2017 dalla coppia di creativi Luca Lorenzini e Luca Pannese, quando lavoravano in Publicis New York. Insieme al cliente - Coordown, coordinamento nazionale delle persone con sdD - i due avevano già ideato altre campagne brillanti all'interno di Saatchi & Saatchi, tra cui la toccante Dear Future Mom (purtroppo strumentalizzata dal movimento antiabortista).
Dopo Not Special Needs la collaborazione è continuata tirando fuori idee che sono andate oltre la banale celebrazione pubblicitaria (sebbene a oggi, con questi spot, abbiano vinto un totale di 22 leoni, di cui 9 d’oro, al Festival Internazionale della Creatività di Cannes) ma sono stati accompagnati da progetti concreti.
Consigli di visione: Ridiculous Excuses Not To Be Inclusive, Just The Two Of Us, e il progetto The Hiring Chain per l'inclusione lavorativa, con un sito di supporto per spronare ad assumere persone con sindrome di Down.
Not Special Needs, oltre a ottenere 600 mila condivisioni e 30 milioni di visualizzazioni in soli dieci giorni, uscì con un sito web info-educativo, ricco di articoli e citazioni, che raccoglieva inoltre foto in cui persone con sdD da tutto il mondo dichiaravano di cosa avessero bisogno. Spulciando l'Instagram di CoorDown potete ancora vederne alcune online.
👉 Ci stiamo avvicinando al 21 marzo, giornata mondiale per la sindrome di down WDSD, e io non vedo l'ora di scoprire cosa avranno prodotto quest'anno.
[Descrizione dell’immagine: 6 foto provenienti da un profilo Instagram; in ogni foto c’è una persona con sindrome di Down in primo piano, sorridente, che tiene in mano un cartello con scritto il suo bisogno e la domanda “Ti sembra un bisogno speciale?”. Le frasi sono: Ho bisogno di invitare un’amica a cena, I need a karaoke machine, Ho bisogno di una vita serena e tranquilla, Ho bisogno di ascoltare la musica, I need possibilities, Ho bisogno di vivere da sola.]
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