Ogni mese (salvo imprevisti pazzeschi della vita) condivido qui una campagna di comunicazione sociale che mi è piaciuta o ha fatto successo. Lasciati ispirare e scopri cose belle anche tu:
Visto che lo scorso mese non ho condiviso nulla, questo mese anticipo e lo faccio sulla scia entusiasta di una iniziativa che ho appena visto.
In questa newsletter:
Una vera e propria campagna
Qualche giorno fa, a Roma, sono stati appesi fogli A4 di questo tipo:



Sembra che uno o più maschi (ipotesi di genere resa solida dalle statistiche) si stiano vendicando di ragazze che li hanno delusi e vogliano danneggiarle condividendo materiale intimo.
La tentazione di inquadrare il QR code è forte, ma che succede quando lo fai?
Basta cliccare su uno di questi link per scoprirlo (è sufficiente ascoltare anche solo l’audio per capire):
A questo link invece tutta la serie dei video disponibili.
Questa iniziativa - che per quanto mi riguarda è una vera e propria campagna di comunicazione sociale - viene da un gruppo di ragazze studenti dello IED di Roma, a quanto pare aiutate, non si sa in quale misura, da un professore dell’istituto di design.
Gli ingredienti ci sono tutti:
salta agli occhi
ti incuriosisce
inquadri il qr code
scopri che c’è un messaggio per te
Insight in vista
Sebbene all’apparenza sembri frutto di un’idea impulsiva o di un brainstorming efficace, l’idea scaturisce da un insight* reale:
«ORMAI È ROBA DI TUTTI»
Questa, secondo il sito del progetto - che cita un saggio del 2024, è la risposta comune delle persone che guardano contenuti intimi condivisi senza il consenso della protagonista.
Qual è dunque l’insight da cui è scaturita la campagna?
Il “revenge porn” esiste perché qualcuno sceglie di guardare.
Come spesso accade nell’ambito dei comportamenti sessuali e della violenza di genere, il problema non andrebbe affrontato solo in termini di punizione del reato (perché sì, stiamo parlando di un reato penale) ma bisognerebbe diffondere consapevolezza fino a risalire alla radice del comportamento (ma questa è un’altra storia che si chiama “educazione sessuale”).
Oltre l’accusa
Ho apprezzato che l’iniziativa non sia soltanto un sasso gettato nello stagno per fare cerchi effimeri, ma che abbia invece un progetto di supporto dietro.
Il sito web seicomplice.org, creato per la campagna, riporta diversi dati statistici come ad esempio:
5 milioni di persone sono state vittime di revenge porn in Italia
14 milioni di persone hanno visualizzato i contenuti relativi a quelle vittime
l’84% di quei 14 milioni ha dichiarato che li riguarderebbe se gli ricapitasse
Dietro questa iniziativa, che per me è una campagna di comunicazione a tutti gli effetti, c’è una consapevolezza forte:
Tutti si concentrano sulle vittime, ma nessuno punta il dito su chi alimenta il sistema.
Vogliamo interrompere l’indifferenza, generare disagio e trasformare la curiosità in consapevolezza.
A tutti diciamo una cosa sola: se guardi, sei complice.
Ma non solo!
Ci sono anche storie reali raccolte direttamente tramite il sito, esortazioni a non soccombere e alcuni link di supporto per ricevere assistenza legale e psicologica.
Due appunti.
Uno
Dovremmo smetterla di chiamarlo revenge porn.
Questa definizione, che si traduce con “porno vendicativo”, alimenta due convinzioni sbagliate:
che quello che state guardando sia pornografia
che sia stata fatta per vendetta, quindi in conseguenza a un’azione sbagliata della persona protagonista - cioè la sopravvivente**
Non è così.
La pornografia è sempre consensuale e, per questo motivo, non ha nulla di sbagliato.
La vendetta presuppone che ci sia stato un dolo precedente. In altre parole: che la persona ritratta - nella stragrande maggioranza dei casi, una persona di genere femminile - abbia sbagliato e quindi debba essere punita. Questo colpevolizza chi è consapevole dell’essere stata fotografata o filmata ed è una colpevolizzazione sbagliata: il sexting esiste, è bello per chiunque, e se la persona con cui l’hai fatto condivide i contenuti senza il tuo consenso… Solo quella persona è colpevole!
Due
Per quanto i consigli della pagina “Supporto” non siano sbagliati, sento che puntano molto sulla necessità di denunciare come prima cosa. Denunciare è importante ma non è così semplice come dirlo, non per tuttə.
La prima cosa davvero utile da fare è contattare il 1522 e confrontarsi con operatrici ativiolenza specializzate per valutare il proprio caso e capire insieme come muoversi.
Link utili per approfondire
Chayn Italia → partner europeo della piattaforma femminista contro la violenza di genere attraverso strumenti digitali e pratiche collaborative.
Destalk → progetto Europeo per combattere la violenza digitale.
Donne tutte puttane → saggio breve che parte dall’esperienza personale per raccontare la pratica della condivisione non consensuale di immagini intime
La rete non ci salverà → saggio generico sull’impronta estremamente misogina e sessista della piattaforma internet attuale
Asterischi
* Insight: in psicologia è «la capacità di vedere dentro una situazione, o dentro sé stessi, quindi, in genere, percezione chiara, intuizione netta e immediata di fatti esterni o interni» (Treccani). In comunicazione, «l’insight è un’intuizione che deriva proprio dalla nostra capacità di vedere dall’interno, mettendoci nei panni del pubblico: ne rivela un desiderio, un bisogno o un problema» (Copy42).
** Sopravvivente: è la persona che sopravvive a una violenza. Ho scelto di non usare il termine vittima perché non voglio identificare quella persona in relazione a quell’unico evento accaduto. Nel movimento femminista, molte persone rifiutano il termine “vittima” perché indica una persona da proteggere, spesso in ottica paternalista e patriarcale.
Newsletter fantastica! Puntata da leggere attentamente, link utili per approfondire. Grazie del tuo lavoro <3